Non rinnego, però le mie origini. Vado anch'io incuriosito allo zoo a sbirciare divertito nelle gabbie delle scimmie. Mi affascinano: non capita tutti i giorni di intravedere qualche milione di anni di evoluzione in un sol colpo d'occhio. Tuttavia, guardo le scimmie, come Pantani guardava i suoi concorrenti al Tour de France. Con una punta di dispiacere, ma sopratutto con la soddisfazione di averli "fregati" tutti. Noi abbiamo trovato la strada giusta, mentre le scimmie si arrampicano nude fra gli alberi, spulciandosi a vicenda. È indiscutibile: abbiamo vinto noi. Mi soffermo comunque davanti alle gabbie, cercando le analogie che potrebbero giustificare la nostra origine: una carezza, un gesto tenero, uno sguardo tra mamma gorilla e il suo cucciolo. La genetica ha già trovato queste analogie. Infatti, la sequenza del nostro DNA è per il 95% identica a quella dei gorilla o degli scimpanzé. Insomma, Darwin ci ha visto giusto e l'unica consolazione che ci resta e di ricordarsi che, tutto sommato, è meno umiliante discendere dalle scimmie che da un impasto di terra e argilla. Risolti i nostri problemi di amor proprio, il dibattito sull'evoluzionismo dal punto di vista scientifico si limita a codificare i complessi meccanismi che hanno permesso l'evoluzione della vita fino a noi. Dal punto di vista filosofico invece il dibattito è più complicato. La cultura scientista ha, infatti, accolto la teoria dell'evoluzione come il supporto scientifico del pensiero del materialismo. Schematicamente il percorso intellettuale di alcuni scienziati moderni è simile al cartellone pubblicitario dei pager promosso dalle PTT "Niente creazione secondo la Bibbia? Allora niente Adamo, niente argilla e costole, e quindi niente Dio".
Oggi è più che ragionevole ritenere che l'uomo non nacque 6'000 o 7'000 anni fa da una manciata di fango, come scritto nella Bibbia. L'ipotesi dell'evoluzionismo è la più realistica ma ciò non significa sostenere la tesi del materialismo, dell'agnosticismo o addirittura dell'ateismo. La cultura cattolica, cadde per parecchi anni nel medesimo errore sebbene in senso opposto. L'evoluzionismo era visto in contrapposizione all'origine sacra dell'uomo. Il problema era semplice: se l'origine del mondo, della vita, dell'universo, si spiegano solamente in virtù delle forze che la natura contiene, come si può parlare di un Dio, di un'anima di un disegno divino? Grazie ad un processo spontaneo, naturale e continuo si è passati dalle primordiali forme di vita ai pesci, per arrivare fino ai mammiferi e quindi all'uomo, sempre e solo in virtù delle forze della natura, allora come si può parlare di atto creativo di Dio?
La pubblicazione
della teoria dell'evoluzione delle specie viventi portò inevitabilmente
ad una rilettura completa della storia dell'umanità ma anche di quella
della Rivelazione. Tuttavia la cultura cattolica, al momento della pubblicazione
delle ipotesi di Darwin, non era pronta a compiere un passo culturale importante.
Le teorie di Darwin, infatti, erano fin troppo chiare e quando si tentò
di applicarle all'uomo scopertine/coppiò l'incomprensione. Ogni comportamento umano
fu letto in chiave evoluzionistica. L'origine della sofferenza e della morte
non erano più una conseguenza del peccato ma fenomeni puramente naturali
da sempre esistiti anche prima dell'apparizione dell'uomo sulla terra. La comparsa
della vita umana non diviene più l'espressione di un atto creativo divino
ma un incidente evolutivo casuale. Dopo la pubblicazione nel 1859 delle tesi
sull'evoluzionismo, il mondo cattolico si schierò contro le ipotesi di
Darwin. Nel 1871 sulla Civiltà Cattolica si poteva leggere: "Gli
errori dei darwiniani sono vari. Il primo è intorno alle origini dell'uomo,
che essi confondono con quella de' bruti e delle piante (...). II secondo errore
riguarda l'antichità de' primi uomini, i quali apparvero sulla terra
60 o 70 secoli fa. I darwinisti non si appagano di questi 6'000 o 7'000 anni,
ora ne vogliono ventimila, ora centomila, ed ora, stimando insufficienti anche
i centomila, chiedono un tempo indefinitamente più lungo". In un
clima generale di critiche dove non si esitava a definire la teoria di Darwin
"un vile ammasso di spropositi e deliri" anche il Magistero della
Chiesa nel Concilio di Colonia del 1860 dichiarò "del tutto contrarie
alle Sacre Scritture e alla Fede la sentenza di coloro i quali ardiscono asserire
che l'uomo, quanto al corpo, è derivato per spontanea trasformazione
da una natura imperfetta, che di continuo migliorò fino a raggiungere
l'umana attuale".
L'errore del pensiero cattolico nell'interpretare i dati scientifici fu quello
di vedere la sapienza di Dio in tutti i meccanismi naturali. L'errore del mondo
scientifico fu di interpretare l'impostazione darwiniana come l'espressione
del materialismo ateo che trovava finalmente anche delle soddisfacenti basi
scientifiche. La perfezione della natura era per i teologi l'espressione dell'atto
creativo di Dio, la stessa perfezione divenne invece per i biologi l'espressione
delle leggi naturali e fisiche che permettono lo sviluppo della vita in assenza
di qualsiasi disegno di Dio. Queste teorìe diedero un fondamento al materialismo
e furono usate per spiegare tutti i fenomeni sociali dell'uomo come l'altruismo,
la solidarietà e perfino i sentimenti religiosi. La posizione della Chiesa
riguardo l'evoluzione e le ipotesi di Darwin, come noto, mutò. La svolta
fu molto lenta, prudente, ma continua e promossa da alcuni teologi come padre
Teilhard de Chardin o P.F. Rusckamp. Pio XII per primo ammise, in un discorso
alla Pontificia Accademia delle Scienze, che "il problema dell'origine
dell'uomo non è totalmente risolto". In seguito Paolo VI e oggi
Giovanni Paolo li, hanno accolto le ipotesi di Darwin senza vedere una contrapposizione
alla sacralità della vita umana. Stiamo vivendo un momento storico molto
interessante nel rapporto tra scienza e teologia. Dopo secoli di rivalità,
la teologia e con essa anche il Magistero della Chiesa Cattolica sembrano aver
trovato un sano dialogo con le scienze. Dialogo che si basa sul pieno rispetto
dei dati accertati dal metodo scientifico e sulla piena autonomia della scienza
nei campi di sua stretta competenza. Il cambiamento richiede di accogliere i
meccanismi biologici senza limitarli ad un disegno prestabilito a priori dall'Organizzatore
dell'Universo. Sia il disegno sapiente di Dio, sia la nostra vita necessitano
infatti di una visione non deterministica, ma libera. È chiaro che la
nuova interpretazione sull'origine dell'uomo non propone meccanismi semplici
del tipo "Dio crea tutto dal niente", ma domanda di inserire i dati
della Rivelazione in quelli della scienza. È necessario guardare all'evoluzionismo
come ad un fatto naturale che fa parte della storia dell'uomo, ma anche della
sua sacralità. Bisogna avere il coraggio di affermare i dati della nostra
vita biologica. Moriamo semplicemente perché la vita finisce ed altri
possano vivere, siamo nati semplicemente perché i nostri genitori si
sono sentititi attratti dal desiderio sessuale. Questa non è una visone
dissacrante della vita, è la realtà all'interno della quale ci
muoviamo quotidianamente. Non è l'espressione di uno schietto materialismo
ma di una realtà che può anche essere immersa in un disegno più
grande. Noi siamo fatti di cellule che obbediscono all'evoluzione naturale:
crescono, si dividono e muoiono. Le cellule, la vita e la morte costituiscono
la stoffa dell'uomo. Di un uomo che ha tutto il diritto, nella sua spettacolare
miseria biologica, di ricercare il senso del suo esistere. L'umanità
non può essere compresa senza tenere conto del suo substrato organico
dentro il quale è costretta a vivere. Giovanni Paolo II parlando alcuni
anni fa del problema dell'origine dell'uomo ai membri della Pontificia Accademia
delle Scienze, affermò che "La verità non può contraddire
la verità". I dati scientifici riguardo all'evoluzione devono quindi
necessariamente inscriversi in quelli della Rivelazione. Ma attenzione: non
vi sono soluzioni di facile comprensione.
* Dottore in biologia molecolare